Sei mesi di tempo per mettersi in regola per le piattaforme del porno che soltanto con i banner pubblicitari guadagnano miliardi di dollari: la stretta era annunciata e ora si avranno sei mesi di tempo per ammazzarsi di sxxxe in libertà, cioè sei mesi di tempo prima di dover denunciare al mondo che si è fruitori di pornografia, che è sempre più comodo di andare alla ricerca col rischio di essere rifiutate/i.
Lo scrive il nostro quotidiano Gaiaitalia.com Notizie che cita un’informazione del Corriere.
Le piattaforme di condivisione video e i siti web che operano in Italia nel campo minato del porno avranno sei mesi di tempo per adottare sistemi efficaci per verificare la maggiore età dei propri utenti. Non sanno ancora come fare, ma lo sapranno.
Lo ha deciso l’Agcom, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, con una delibera specifica (la 96/25/CONS), citata dal Corriere, che dà attuazione al Decreto Caivano per proteggere i minori [sic] dai rischi della rete.
Il sistema delineato da Agcom si basa sull’intervento di soggetti terzi, non si sa ancora quali, indipendenti e certificati, non si sa ancora chi siano e da chi dipendano, incaricati di fornire la prova della maggiore età: non si sa ancora esattamente come. Secondo il Corriere l’identificazione dovrebbe avvenire in due fasi distinte per ogni sessione di utilizzo di servizi specifici, come l’accesso a contenuti pornografici: prima l’identificazione della persona, poi l’autenticazione per confermare che sia proprio lei, anche usando eventualmente app dedicate, installate sul proprio smartphone o dispositivo, come quelle legate ai portafogli di identità digitale, basta che permettano all’utente di identificarsi e fornire la prova dell’età richiesta direttamente al sito o alla piattaforma, senza ulteriori passaggi. Senza ulteriori passaggi?
Agcom assicura, scrive ancora il Corriere, che “il sistema garantisce sicurezza e minimizzazione dei dati personali”. Il meccanismo di identificazione viene chiamato di “doppio anonimato” e, scrive Agcom citata dall’articolo, “non consente infatti ai fornitori di verifica dell’età di sapere per quale servizio viene emessa la prova dell’età. Allo stesso tempo, la prova fornita al sito web o alla piattaforma non contiene dati identificativi dell’utente”.
Questi sistemi dovranno comunque allinearsi alle future linee guida della Commissione Europea, con possibili (e probabilmente inevitabili) adeguamenti successivi. Le piattaforme hanno ora sei mesi dalla pubblicazione per mettersi in regola. E’ ipotizzabile il solito enorme e tutto italico casino.
(19 aprile 2025)
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